Alimentazione: una questione di cibo e amore e…autonomia: sovrappeso

 

Infanzia: quali sono i fattori coinvolti nel problema dell’obesità?

Fattori di ordine biologico, di ordine psicologico e sociale. Le dinamiche psicologiche del paziente obeso nell’infanzia sono legate alla disponibilità del cibo presente nel suo ambiente di vita che si caratterizzerà per:

  • qualità del cibo;
  • quantità del cibo;
  • modalità di consumo.

All’interno della “modalità di consumo” rientrano le dinamiche psicologiche infantili, caratterizzate da aspetti relazionali. Tali aspetti fanno dell’alimentazione e del sintomo iperfagico una questione di “cibo e amore”.

In che modo la relazione interviene nel sintomo iperfagico (sovralimentazione)?

L’alimentazione nell’infanzia è mediata dalla presenza di un caregiver, dunque un bambino non può essere considerato a rischio obesità, se non per quei rarissimi casi in cui è presente un’eziologia medica del disturbo.

Dunque l’adulto che alimenta il bambino, sia il caregiver o l’insegnante che accompagna i bambini a mensa diventa ambiente “sociale” e “relazionale”, ovvero si presta ad essere fonte di sostentamento, intervenendo nel ciclo fame-sazietà, in una modalità che è unica per quella relazione e per quel contesto (casa, scuola).

L’alimentazione e, dunque, l’oralità, costituiscono una modalità di soddisfacimento pulsionale attraverso cui dare e ricevere amore, provare piacere, rifiutare o aggredire. Portare il cibo alla bocca, mordere, sputare e deglutire sono forme di comunicazione e di apprendimento delle modalità relazionali relative ai primi rapporti oggettuali.

Il sintomo iperfagico, in questo processo, può diventare una strategia disfunzionale, presente già in chi alimenta e appresa da chi viene alimentato. Il cibo diventa così il sostituto di quelle persone con cui non è stato possibile entrare in una relazione “sana” e la risposta a stati emotivi come:

  • la ricerca di un intenso bisogno di gratificazione;
  • la  rassicurazione e ricerca continua di un oggetto d’amore;
  • la  difesa rispetto al senso di inadeguatezza.

La risposta a questi stati emotivi, spesso intensi o insostenibili, attiva un processo chiamato emotional eating, in cui alimentarsi costituisce una risposta compensatoria ad uno stato emotivo. L’esito di questo processo non sfocia in maniera causale nell’obesità, ma caratterizza come meccanismo di base, il funzionamento che è alla base dei disturbi alimentari attualmente presenti nel DSM 5.

(Stateofmind F.Rendine,M.G.Fiore)

bimbi a tavola GABRIELLA CASTAGNOLI

Alimentazione: una questione di cibo e amore e…autonomia

L’alimentazione del bambino prevede diverse fasi ma fin dalla nascita ha buone capacità autoregolatorie, durante l’allattamento già esprime fame o sazietà.

L’alimentazione è un processo complesso: nell’infanzia il bambino viene alimentato dall’adulto. A partire dall’allattamento per poi proseguire nello svezzamento sino a giungere all’alimentazione autonoma, coinvolgendo aspetti biologici, psicologici e sociali. Una disarmonia in ciascuno di questi aspetti può “alterare” questo processo ed indurre condizioni patologiche non solo da un punto di vista medico, basti pensare al problema dell’obesità infantile che ha visto aumentare il tasso della percentuale dei bambini in sovrappeso in Italia al 20,9%, di cui il 2,2% indicati come severamente obesi.

Il legame tra alimentazione e bisogno di autonomia

Da quando nasce il bambino ha buone capacità autoregolatorie, quindi fin dall’allattamento egli sa ed esprime quando ha fame e quando è sazio; è bene fidarsi di questa capacità anziché definire a priori quantità e orari di allattamento. Intorno ai due anni d’età compare inoltre la motivazione a fare da solo, una spinta naturale all’autonomia. Chiunque abbia a che fare con i bambini sa quanto sia forte la volontà di autodeterminarsi che essi sviluppano in particolare in questa fase di vita. Ebbene, questo è particolarmente evidente anche nella sfera dei comportamenti alimentari, e ancor prima dei due anni. Già all’età di un anno si può notare come il bambino si senta stimolato a stabilire un contatto attivo e personale col cibo, cercando di afferrarlo durante i pasti.

Questo modo di agire è strettamente legato a quello che Lichtenberg ha definito “bisogno esplorativo-assertivo”, uno dei sistemi motivazionali comune a tutti gli esseri umani. Il bambino, dalla possibilità di fare e decidere in autonomia ricava un senso di essere, esistere ed essere causa del proprio agire. Se l’adulto cerca di inibire questa attività spontanea induce nel bambino il tentativo di liberarsi della sua influenza attraverso comportamenti di protesta per recuperare il proprio spazio di autonomia.

Il buon inizio: l’allattamento al seno come fattore preventivo dell’obesità

Tenuto conto del fatto che per alcune madri l’allattamento naturale può non essere fattibile per varie ragioni (mediche, personali), in questo articolo vogliamo approfondire quali siano, secondo varie evidenze scientifiche, i vantaggi legati all’allattamento al seno. Attraverso studi basati su osservazioni sistematiche è stato dimostrato infatti come costituisca un fattore protettivo rispetto al rischio di sovrappeso e obesità. Una delle maggiori ricerche è stata effettuata in Australia su un campione di 2066 maschi e femmine di età compresa tra 9 e 16 anni provenienti da tutti gli stati e territori del continente. Rispetto a quelli che non sono mai stati allattati al seno, i bambini nutriti con latte materno per un periodo maggiore o uguale a 6 mesi avevano significativamente meno probabilità di essere in sovrappeso o obesi in età infantile e adolescenziale. Anche gli ultimi dati della Childhood Obesity Surveillance Initiative (COSI) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), presentati a Glasgow in occasione dello European Congress on Obesity (2019), ci mostrano che la prevalenza dell’obesità è maggiore fra i bambini non allattati al seno: il 16% di essi risulta obeso, contro il 13% di chi è stato allattato per meno di sei mesi e il 9% di chi invece è stato allattato per oltre sei mesi.

Le spiegazioni sul perché l’allattamento al seno sia protettivo rispetto all’obesità sono sia biologiche che comportamentali:

  • un fattore fondamentale è la presenza della leptina nel latte materno, ormone proteico che regola l’assunzione di cibo e il metabolismo energetico, per cui i bimbi allattati hanno una concentrazione di insulina nel sangue più modesta rispetto alle alte concentrazioni dei bimbi allattati artificialmente;
  • per i bambini allattati spesso lo svezzamento è ritardato (l’OMS raccomanda di iniziare lo svezzamento non prima dei 6 mesi d’età), graduale e con un’elevata attenzione alle esigenze del bambino: molto spesso infatti all’allattamento al seno a richiesta segue l’alimentazionecomplementare a richiesta o uno svezzamento “misto”;
  • con l’allattamento a richiesta il bambino si autoregola sull’apporto di latte, dando avvio a quell’autonomia sull’assunzione di cibo a cui si accennava precedentemente. Questo ruolo attivo del bambino nell’autoregolarsi si manterrà per tutta la crescita e molto spesso, se non interferiscono altri fattori, ha un effetto a lungo termine;
  • la varietà di gusto del latte materno assunto dal bambino lo predispone alla conoscenza di un’ampia gamma di sapori che poi troverà a tavola quando inizierà lo svezzamento e potrà aiutarlo a gradire vari cibi. Di conseguenza il bambino, dal divezzamento in poi, tenderà a mangiare una più ampia varietà di cibi.

(State of Mind – F. Rendine,M.G.Fiore)

bimbi a tavola GABRIELLA CASTAGNOLI