Dove, Quando e con Chi mangiamo?

 

Partiamo dalla famiglia e dal senso di appartenenza al nucleo familiare che porta con sé il sentirsi parte e dunque con –dividere  con gli altri membri della famiglia. Luogo di elezione per la condivisione è la cucina che  non è solo il luogo dove si preparano i pasti, ma, anzi, proprio in quanto luogo di fabbricazione dei pasti, è anche un luogo simbolo della fabbricazione dei legami familiari. Capire dove mangiano, quandocon chi  ci può dire qualcosa sui  legami interni alla famiglia , sul loro modo di vivere insieme, di educarsi reciprocamente, di costruire vicinanza, etica e affetti piuttosto che distanze, incomprensioni, disaffezioni (Symons, 2004).

Del resto il nostro è un tempo veloce dove  anche i pasti restano stritolati dalla fretta. Sembra che non si riesca più a mangiare seduti, insieme, intorno alla tavola. Magari un pasto caldo, cucinato appositamente da qualcuno per qualcun altro, con il gusto della cura. L’antico ordine della tavola imbandita e della famiglia seduta intorno sembra aver lasciato il posto al movimento e all’incertezza: sembra di poter constatare una certa «destrutturazione» dei pasti, nel senso che se ne consumano sempre di meno insieme e sempre meno nel modo tradizionale. Le famiglie parlano infatti non più solo della tavola, ma anche del tavolino del soggiorno per spuntini di vario tipo; del tavolo del giardino, della terrazza, della veranda;deil vassoio mobile e personale; ß il semplice piatto ancora più nomade; ß il letto per posare il piatto o il vassoio. Ma cosa significa oggi INSIEME: la  costruzione di intimità affettiva, di uno spazio comune di narrazione e riflessività intorno al tempo trascorso nelle diverse attività da ciascuno dei membri. Non significa fondersi e con fondersi con gli altri e nemmeno la sola compresenza fisica  ma appunto con- dividere , dividere con . A partire dalle abitudini alimentari . Quando uno dei membri della famiglia, nel nostro caso un bambino/a  ha difficoltà di peso e deve seguire un regime alimentare ecco che se la famiglia è “insieme” deve mobilitarsi per creare le condizioni perché venga seguito.  . La ricerca ci dice quanto la BMI  di adulti e bambini in famiglia sia correlata ad esempio alle abitudini della cena Il primo passo è essere consapevoli sia delle nostre abitudini alimentari sia di quanto stiamo utilizzando il cibo per “nutrire” altro, per far passare il nostro affetto o compensare le nostre mancanze e sensi di colpa di genitori “in corsa”. In questo senso la famiglia , luogo di mediazione tra i bisogni  individuali  e quelli del gruppo famiglia, si deve fare creativa nel senso di creare le sue proprie modalità di stare a tavola      INSIEME .

Allora abbiamo pensato a 10 possibilità di gestire la dieta di un bambino in famiglia:

  • Perché non coinvolgere i ragazzi nella preparazione del cibo e della tavola e usare scodelle di minori dimensioni,
  • Usiamo il pane secco e lasciamo “la scarpetta a Cenerentola”!
  • Chiediamo al bambino perché  si mangia?  Aiutiamolo a  riconoscere la fame: spesso confondiamo le emozioni di rabbia, tristezza, noia, paura, ecc. con la sensazione di buco nello stomaco: “  in modo che impari a sentire i segnali di fame-sazietà. Facciamoci delle domande , per guardarci, osservarci e distanziarci da modelli e comportamenti “ingoiati” senza masticare.
  • Così come succede per il cibo abbiamo bisogno di assaporare i nostri comportamenti e le nostre emozioni, frammentarle, scomporle, masticarle e digerirlerimanendo in contatto con quello che sentiamo, pensiamo e facciamo
  • non investiamo il cibo di un valore eccessivo
  • non facciamo confronti con altri bambini e non facciamo vergognare i bambini delle propria golosità.
  • Insegnamo  a ricambiare  quello che  è stato offerto “con tanto amore”  con un bel “NO”,con un sorriso o un abbraccio,  ma lasciamo il cibo nelle mani di chi ce l’ha dato. Impariamo a sostituire la merendina e il cibo per premiare i bambini con le coccole, gli abbracci Non solo il cibo deve farci sentire felici, questo è l’errore principale che conduce a riprendere il peso perso e a confondere le idee dei bambini
  • Lasciamo quel che non ci va nel piatto! Non diciamo ai bambini “Non lasciare qualcosa  nel piatto  perché va sprecato!”. Occorre capire che sì esiste il problema della fame del mondo, ma non è legato al piatto di pasta che non riesco a finire e che finirà in frigo o nella spazzatura. Il problema è semmai l’averne cucinata troppa.
  • Vivere insieme non significa diventare tutti uguali. Ognuno di noi è diverso.Davanti alla necessità di dimagrire, conviene che ciascuno adatti la dieta sulla base delle proprie preferenze, del proprio carattere e delle proprie abitudini.
  • spegnere la TV, mettere da parte smartphone, tablet e telefoniper rimanere attenti e concentrati a quello che si dice, si mangia e si fa durante il pranzo o la cena.

Ma soprattutto diamo  l’esempio ai bambini che sono così inclini a prenderci per modelli di comportamento.

Nel momento in cui un membro della famiglia è impegnato nel seguire un regime alimentare personale insieme alle indicazioni delle dietista può essere  utile il sostegno psicologico alla famiglia  perché sostenga e con divida l’impegno del bambino/a che sta seguendo la dieta.

 

Il momento dei pasti è un momento importante che ha a che fare con il nutrirsi nei suoi aspetti emotivi ed affettivi. Stare insieme significa accogliere i bisogni dell’altro e in particolare dei nostri figli.

 

“Incontri e cicli di incontri per imparare ad apprezzare il cibo in serenità”

                                                                                  da ottobre

bimbi a tavola GABRIELLA CASTAGNOLI

 

 

 

 

 

Alimentazione: una questione di cibo e amore e…autonomia:prevenzione e sostegno psicologico

 

Nei giorni scorsi abbiamo parlato di alimentazione in relazione allo sviluppo infantile e alle varie fasi che attraversa. Abbiamo detto che caregiver , famiglia, insegnanti costituiscono l’ambiente relazionale all’interno del quale matura la relazione  verso e con  il cibo. Vediamo ora come attivarci per orientare positivamente il rapporto con il cibo:

  •  la proposta di un programma   di educazione alimentare, proposta da nutrizionista e psicologa in sinergia, costituisce una risorsa possibile per effettuare un intervento di prevenzione primaria che tenga conto delle variabili emotive e relazionali, connesse all’alimentazione. Secondo l’Institute of Medicine of the National Accademy of Sciences, possiamo ricorrere a svariate modalità di prevenzione: universale, selettiva e mirata. Le forme di prevenzione che si rivolgono ad un alto numero di soggetti con programmi di comunità strutturati, ovvero le campagne educative, si propongono di raggiungere quella fascia di popolazione ritenuta ad alto rischio con programmi da svolgere proprio nelle scuole. Queste ultime, con la collaborazione della famiglia, possono diventare luogo di prevenzione in cui trovare: informazione, educazione alimentare ed interventi ambientali inerenti l’alimentazione (ad esempio l’incremento di programmi di educazione fisica o il controllo dei pasti offerti dalla mensa scolastica).
  • la SCUOLA Questi interventi richiedono una conciliazione fra l’utilizzo delle linee guida internazionali nutrizionali ed il patto educativo scuola-famiglia. La mensa a scuola rappresenta l’occasione di una nuova convivialità per i bambini e dunque una valida esperienza dello “stare a tavola” in cui tradizioni alimentari ed utilizzo dei cinque sensi si fondono e si condividono con il gruppo dei pari e con la maestra.

E’ importante dunque che l’esperienza del cibo, data la sua complessità, venga vissuta attraverso momenti informativi e formativi con lo scopo di:

  • sensibilizzare i genitori sull’importanza psicologico-emotiva del primo incontro con il cibo, ovvero dalla fase di allattamento;
  • promuovere fiducia ed “allenare” le capacità intuitive dell’adulto, che sia il genitore o l’insegnante a mensa, nel cogliere lo stato emotivo del proprio bambino o dell’alunno al fine di distinguere bisogni fisiologici come la fame da bisogni relazionali;
  • evitare usi impropri del cibo all’interno di dinamiche di potere (“se non mangi viene il vigile!”), del ricatto (“se non finisci la pasta non ti porto alle giostre!”), dell’affettività (“se non mangi divento triste!”) o ancora di comparazione rispetto ad altri bambini (“guarda com’è bravo tuo cugino, lui mangia senza problemi!”);
  • imparare ad “abitare la tavola” intesa come esperienza con regole e spazi esplorativi in un clima di serenità, tanto da consolidare l’esperienza della convivialità come un buon incontro.

 

“Incontri e cicli di incontri per genitori, bambini e adolescenti “per imparare ad apprezzare e godersi il cibo in serenità”

 

(Stateofmind, F.Rendine,M.G.Fiore)

bimbi a tavola GABRIELLA CASTAGNOLI