L’assistenza agli anziani in Finlandia trova soluzioni nel digitale

LA PANDEMIA DI CORONAVIRUS HA ACCELERATO LA NECESSITÀ DI METTERE IN GIOCO INTEGRATORI DIGITALI NELL’ASSISTENZA AGLI ANZIANI PER FORNIRE UNA CONNESSIONE UMANA E UN INVECCHIAMENTO ATTIVO E MANTENERE LE PROMESSE DELLO STATO SOCIALE.

Alla base del modello di welfare state nordico c’è un contratto sociale che garantisce la parità di condizioni nella vita, una rete di sicurezza quando il gioco si fa duro e una vecchiaia dignitosa. Il modello è stato oggetto di elogi quasi universali, ma negli ultimi tempi ha anche affrontato alcune questioni difficili.

In Finlandia, un dilemma chiave riguarda le generazioni che invecchiano che vivono più a lungo e aggiungono pressione su un sistema che è sostenuto da una base più snella di contribuenti. La Finlandia ha la seconda popolazione più anziana del mondo, appena davanti all’Italia ma dietro al Giappone.

La pandemia COVID-19 ha messo sottosopra la maggior parte della società, limitando la quotidianità di tutti, ma colpendo più duramente gli anziani. Gli anziani costituiscono la maggior parte dei dati demografici a rischio in tutto il mondo e sono stati soggetti a ulteriori restrizioni.

“Ma qual è il prezzo di limitare l’attività degli anziani?” chiede Sandra Lounamaa , cofondatrice e CEO della startup di servizi per anziani Gubbe .

Lounamaa si pone la domanda da un po ‘di tempo, ma risponde anche fondando Gubbe nel 2018 con Meri-Tuuli Laaksonen . La startup ha sviluppato una piattaforma online che offre servizi di assistenza domiciliare agli anziani, dando lavoro ai giovani e attivando gli anziani.

“Il sistema finlandese di assistenza agli anziani funziona e le persone si aspettano di esserne coperti”, spiega Lounamaa. “Ma il sistema tratta solo la malattia e non può sempre fornire un’interazione di persona significativa per gli anziani”.

Con l’avanzare dell’età, le nostre necessità essenziali diventano molto più evidenti e l’interazione sociale regolare è forse una delle cose più importanti che mantiene la nostra mente attiva e il nostro cuore pieno di scopo.Donna che fa le consegne

Gubbe ha adattato il suo approccio durante la pandemia. 

“Incoraggiando l’invecchiamento attivo con un amico fidato, o Gubbe , offriamo agli anziani una connessione umana affidabile e aiutiamo con la routine quotidiana, che si tratti di fare esercizio o pulire la casa”.

Dopo ogni visita, il Gubbe aggiorna l’app della startup sugli eventi della giornata e sulle condizioni della persona anziana, dando tranquillità e forse anche incoraggiando una maggiore comunicazione da parte dei parenti.

“Il feedback degli anziani, delle famiglie e degli studenti è stato straordinario”, continua Lounamaa.

“Sono nate nuove amicizie e i parenti si sentono meglio sapendo che c’è una persona fidata su cui i loro cari possono contare nella loro vita quotidiana”.

Buon business

Il valore orientato allo scopo della startup non è passato inosservato agli investitori. Gubbe ha raccolto 300.000 euro di finanziamenti durante l’epidemia di COVID-19 da investitori che contano sulla visione della startup per offrire a ogni senior finlandese di età superiore ai 75 anni che vive da solo il proprio Gubbe personale entro cinque anni.

Il team di Lounamaa si è dimostrato resiliente quando la crisi ha colpito, creando rapidamente un’alternativa al loro core business in declino attingendo al mercato delle consegne di generi alimentari per compensare alcuni dei danni immediati alle loro operazioni.

Mentre le restrizioni sembrano allentarsi in Finlandia, le lezioni della pandemia stanno diventando chiare.

“Per noi la crisi ha effettivamente evidenziato la necessità del nostro servizio”, dice Lounamaa. “Abbiamo assistito a un significativo deterioramento del benessere dei nostri clienti durante il blocco e sembra che ora potremmo avere un problema ancora più grande tra le mani rispetto a prima della pandemia”.

Gubbe è stato in grado di riprendersi e continua le sue operazioni osservando l’allontanamento sociale e altre misure igieniche quando visita i suoi clienti.

uomo anziano e accompagnatore

(Samuli Ojala)

cosa è cambiato con l’arrivo del Covid19….. nelle nostre vite

L’Associazione Primola di Imola offre questo spazio per dialogare sui cambiamenti che il Covid 19 ha portate nelle nostre vite . Intervengono oltre a me : Mario Baldini Presidente Associazione Primola di Cotignola, dr.ssa Jessica Lacchini Sessuologa. Modera Samuele Staffa Giornalista di Settesere.

Ancora un’occasione per riflettere

PAURA DELLO SPORCO E CORONAVIRUS

 

Pensieri ossessivi e comportamenti compulsivi, quali ad esempio rituali di pulizia, possono infatti sfociare in una vera e propria forma di ansia patologica, derivante da precedenti vulnerabilità: la Rupofobia. Il termine Rupofobia deriva dal greco rupos: sporco. Le ossessioni rupofobiche riguardano la paura della contaminazione, della possibilità di contrarre una malattia ed il disgusto verso certi ambienti o situazioni potenzialmente contagianti. I pensieri ossessivi sono intrusivi, ripetitivi e persistenti e si legano a compulsioni, quali rituali messi in atto in maniera continuativa allo scopo di contrastare la paura del contagio. Tali agiti forniscono sollievo solo temporaneo, per poi rinforzare la credenza disfunzionale sottostante: l’intollerabile rischio di poter essere stati infettati. Il dubbio di non aver effettuato perfettamente i rituali di pulizia provoca ansia, fino ad arrivare anche a forme di panico. Le strategie di evitamento conseguenti possono essere pervasive, causando difficoltà relazionali e sociali profonde e disfunzionali. I rituali di pulizia rigidi ed inflessibili rappresentano il tentativo di rimuovere ogni minima possibilità di contaminazione, che può minacciare l’idea di salute fisica. La fobia del contagio è dunque una forma patologica di paura persistente che si differenzia dal naturale timore di contrarre una malattia (Rachman, 2004). Le credenze centrali sottostanti riguardano il desiderio di controllo assoluto sul proprio stato di salute, così come accade nell’Ipocondria: non si cerca di perseguire uno scopo in positivo, ma di evitare l’opposto, attraverso strategie di controllo percettivo, cognitivo e comportamentale. L’attenzione selettiva, i pensieri automatici negativi e le interpretazioni catastrofiche, le immagini terribili ed i comportamenti di evitamento caratterizzano tale patologia. Nella fobia del contagio manca quindi la ‘regola dell’interruzione’: non si è mai davvero convinti di essere al sicuro, quindi non si possono fermare i rituali. Nulla è mai abbastanza pulito ed igienizzato.La fobia dello sporco, così come tutti i disturbi psicologici, può avere differenti cause. Similmente all’Ipocondria, la Rupofobia presenta derivati genetici, esperienziali – vissuti traumatici ed episodi drammatici durante l’infanzia – e sociali, con l’apprendimento di modelli di comportamento simili all’interno del nucleo familiare (Fallon et al., 2000). I genitori del fobico sono spesso critici, eccessivamente perfezionisti, con aspettative elevate ed alti standard; l’obbligo a regole rigide ed imprescindibili, soprattutto verso l’ordine e la pulizia, una moralità inflessibile ed imposta, amplificano sentimenti quali ansia e disgusto nei bambini. Il rupofobico sperimenta fin da piccolo insicurezza, timore delle scelte e delle responsabilità, ansia rispetto alle novità. L’idea che il rupofobico costruisce di sé è di una persona debole, insicura, particolarmente soggetta a patologie fisiche e psichiche. Inoltre, oggi vediamo come l’influenza dei mass media colpisca soprattutto chi è più vulnerabile e fragile, contribuendo ad alimentare la fobia.Nel periodo attuale prendere precauzioni rispetto ad eventuali contagi è necessario, ma potrebbe anche slatentizzare (rendere manifesto quanto già in essere) delle forme di psicopatologia. Ad oggi, non è facile distinguere un rupofobico da chi si attiene scrupolosamente alle direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La vita del rupofobico è insoddisfacente e particolarmente complessa, specialmente in questo periodo storico. La caratteristica principale dello stato mentale che presenta l’individuo affetto da Rupofobia è legata all’estremo desiderio di controllo dello sporco, totale ed assoluto, impossibile da raggiungere, che intensifica le emozioni negative. Ognuno di noi è oggi chiamato a fare prevenzione e a comportarsi in maniera scrupolosa ed attenta, ma coloro che erano già particolarmente suscettibili alle varie forme di contaminazione – come i rupofobici – hanno trovato conferma delle loro credenze centrali: i pensieri relativi al timore di essere contagiati o di contagiare, oggi si mostrano maggiormente credibili, reali. E’ quindi necessario chiedersi in che modalità il loro stile di vita si modificherà a seguito della pandemia vissuta oggi. In futuro probabilmente per ciascuno di noi diventerà particolarmente difficoltoso mettere in atto atteggiamenti e comportamenti verso gli altri e verso il mondo esterno simili al passato: stringersi le mani, abbracciarsi, baciarsi o frequentare luoghi affollati saranno gesti legati al timore di non essere al sicuro. Individui affetti da Rupofobia troveranno probabilmente ancora più difficoltà nell’intraprendere una vita adattiva, equilibrata e serena, sia a livello personale che sociale. Le convinzioni relative alla pericolosità di certi agiti saranno rinforzate, con il conseguente aumento dell’intensità emotiva negativa.

Poter visualizzare il proprio disagio in modo da lavorarci e poterlo nel tempo trasformare è ciò che una buona TERAPIA ESPRESSIVA può fare. Oltre a visualizzare il disagio , potremo andare a lavorare sulle manovre di evitamento nella loro rigidità e sui tentativi di controllo ossessivo delle possibilità di contagio. Ci occuperemo anche del rimurginio, simile a un topolino che corre nella famosa ruota circolare, e andremo a facilitare e promuovere l’accettazione del rischio . Dunque anche del rischio di potersi ammalare. Sarà cura del terapeuta utilizzare modalità e timing adeguati alla delicatezza che richiede la sofferenza che la persona porta in questo delicatissimo momento .

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La Paura del contagio da coronavirus

La profonda rivoluzione che le nostre vite hanno subito nei mesi precedenti a causa del Covid19 ci ha spinto a chiederci se e in che modalità, terminata la pandemia, avremmo modificato i nostri stili di comportamento. Ci siamo chiesti se quando saremmo stati liberi dall’ipotesi di contagio, saremmo tornati ad agire come in passato? I nostri atteggiamenti nei confronti del mondo esterno e degli altri sono rimasti gli stessi di sempre? È possibile ipotizzare una risposta negativa a queste domande. È probabile, infatti, che il timore del contatto, ormai così profondamente radicato nella nostra mente e nelle nostre azioni quotidiane, resti impresso dentro di noi, con notevoli conseguenze comportamentali ed emotive. Tale cambiamento sarà probabilmente amplificato in coloro che già in precedenza mostravano alcune specifiche vulnerabilità.

Il Covid-19 è un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso il contatto con una persona contagiata. La via primaria di contagio sono le goccioline del respiro emesse tramite saliva, tosse, starnuti ed i contatti diretti personali, toccando nello specifico le mani, la bocca, il naso o gli occhi. Il collegamento epidemiologico può avvenire entro un periodo di quattordici giorni prima della manifestazione di malattia. Il Coronavirus ha avuto origine a Wuhan, in Cina, alla fine del 2019. Una serie di misure è stata urgentemente adottata, quale l’identificazione e l’isolamento di casi sia diagnosticati che sospetti, la diffusione dei criteri diagnostici nazionali da seguire e la messa a disposizione di forniture mediche e team di esperti. Il nuovo focolaio di Coronavirus ha reso necessarie cure tempestive anche per quanto riguarda la salute mentale di tutti i cittadini cinesi: il 26 gennaio 2020 la National Health Commission of China ha notificato i principi base per pianificare alcuni interventi di psicologia dell’emergenza: fornire assistenza sanitaria psicologica per tutti i pazienti affetti da Coronavirus, ma anche per coloro che hanno avuto contatto con essi, per chi si trova in regime di isolamento o di ricovero, per tutti i familiari e gli amici delle persone colpite e per gli operatori sanitari. L’assistenza psicologica fornita finora riguarda principalmente la gestione di emozioni quali solitudine,rabbia ed ansia, in particolare relativa al terrore del contagio o di poter infettare i propri familiari, amici o colleghi (Xiang, Y.T., et al., 2020).

Il Coronavirus sta cambiando in ognuno di noi la percezione del pericolo, aumenta l’intolleranza all’incertezza e al rischio. Gli esperti ipotizzano un rapido incremento di casi di Disturbo da Stress Post-Traumatico al termine della pandemia, così come è stato indagato nella popolazione cinese (Sun, L. et al., 2020). Aiuto psicologico e psichiatrico specialistico si renderà necessario anche in Italia, soprattutto rivolto a pazienti con disagi psichici in comorbidità (presenza di più patologie). L’avvento del Coronavirus ha infatti slatentizzato (rese manifeste in quanto già presenti) numerose patologie psicologiche, precedentemente gestite oppure già fonti di malessere pervasivo. Una tipologia di disturbo che tale virus ha accentuato è la fobia dello sporco: la paura irrazionale di entrare in contatto con superfici potenzialmente contagianti e la conseguente necessità implacabile di disinfettarsi. Il timore del contagio batterico e virologico è ad oggi chiaramente giustificato e comprensibile: tutti sperimentiamo ansia per la nostra salute e pensieri relativi alle catastrofiche conseguenze di entrare in contatto con il virus. L’emozione di ansia normale e flessibile si differenzia però dal terrore patologico, rigido ed incontrollato, che si sperimenta ad ogni possibilità di contagio.

                                                                                                        ( da R.Recanatini- State ofMind)

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IL LUTTO

Mentre in italiano  la complessità della perdita è espressa dalla parola lutto in lingua inglese ci sono alcune parole per esprimere tempi e stati diversi.

 A causa di COVID-19 il dolore è sceso sulla razza umana velocemente e improvvisamente  in questo periodo. Per le persone che hanno perso i propri cari, il dolore sta inviando molti in un territorio emotivo inesplorato. Per coloro le cui vite sono state sconvolte, anche il dolore è una cosa molto reale. Queste righe  vogliono fare un po’ di chiarezza su quanto ci può accadere quando perdiamo una persona cara come a tante persone è capitato in questo periodo.

Proveremo anche a offrire qualche spunto per accompagnarti in questo viaggio anche perchè alcune forme di supporto si vanno pian piano ricostruendo e riattivando dopo essere state sospese a causa del distanziamento sociale.

L’obiettivo è organizzare e dare un senso alle nostre emozioni .

Mentre leggi puoi scrivere, scarabocchiare su un foglio,, disegnare…

Indipendentemente se la tua perdita è piccola o gigantesca, le tue emozioni sono reali.

Sappiamo che talvolta il dolore è inarrestabile,  dura per molti mesi o anni oltre un tradizionale ciclo del dolore  . In questo caso parliamo di DOLORE COMPLICATO.

 Sarebbe bene in questo caso  chiedere aiuto.

Parliamo ora di quello che accade quando perdiamo una persona cara. In inglese si chiama GRIEF e si compone di diverse FASI. Incominciamo dalla prima:

il RIFIUTO

Quando sperimentiamo la perdita, la negazione è spesso la prima emozione che proviamo. A volte, abbiamo il tempo di prepararci emotivamente, ma la nostra nuova realtà COVID-19 si è materializzata così rapidamente, la negazione collettiva è stata una delle prime emozioni provate da molti. La negazione è un meccanismo di coping (utile per affrontare ), una normale reazione a cambiamenti enormi, e forse un modo gentile di aiutarci a dare un senso a cose che non hanno senso.

È notevole quanto velocemente siano cambiate le nostre vite domestiche, ma guardando indietro, molti di noi avrebbero potuto sentirsi  in modalità zombi per quei primi giorni e settimane della nostra quarantena. Molte persone che seguo hanno provato un senso di colpa e vergogna per non essere produttivi/e durante questo periodo di quarantena.

Proviamo a perdonarci se non siamo stati produttivi/e durante questo periodo. Puoi attribuire la tua mancanza di motivazione alla negazione o alla semplice risposta e all’idea che stavi per acclimatarti al tuo nuovo mondo?

Se hai perso una persona cara legata a COVID-19, sii comprensivo con te stesso in questo processo di lutto. Spesso siamo in grado di abbandonare la negazione quando veniamo a patti con il mondo che ci circonda, ma  molte persone che non sono riuscite a stare con i loro cari a causa delle restrizioni sulle visite o non hanno potuto salutarli/e, hanno perso l’opportunità di provare tutte queste emozioni e  di prepararsi alla perdita in tempo reale.

Nei prossimi giorni parleremo delle fasi successive.

(On Death and Dying di Elizabeth Kubler-Ross)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS (DPTS): di che si tratta?

Il DPTS (Disturbo Post traumatico da Stress) può colpire  le persone che hanno vissuto un evento traumatico che abbia implicato gravi lesioni, minacce di morte, perdita dell’integrità fisica propria, dei propri cari o altrui.

Molto dipende come l’evento è percepito dalla persona.

Possibili  fattori di rischio  sembrano essere una storia personale o familiare di depressione, ansia, nevrosi, insonnia o separazioni precoci.

Oltre ad eventi quali violenze di varia natura, possono essere vissuti come traumi eventi che possono sembrare in apparenza  parte del normale succedersi della vita quotidiana.  Va da sè che l’essere stati vittime di catastrofi naturali , aver subito lesioni o aver assistito a incidenti , per non parlare di guerre o combattimenti, porta nelle vite delle persone un evento fuori dall’usuale che  crea sofferenza , anche grave, e difficoltà di elaborazione.

In questo periodo di esposizione collettiva al Coronavirus e alla comunicazione ad esso relativa  le probabilità di incorrere in vissuti traumatici aumenta.  Una maggiore vulnerabilità psicoemotiva può essere un fattore di rischio .

Le persone  contagiate da Covid19 , chi ha dovuto subire l’isolamento e chi ha perso propri cari  senza poter dare l’ultimo saluto ha un maggior rischio traumatico. Una categoria particolarmente esposta è il personale che a vario titolo( medici, infermieri, ooss ,ecc. )  in questo periodo  si è occupato delle persone che hanno contratto il Covid19 e che ha vissuto un forte stress. Le condizioni fisiche ed emotive di lavoro in cui hanno operato queste persone lo abiamo potuto vedere attraverso i  media. 

Possiamo ipotizzare che  le conseguenze  sul sistema psichico- nervoso emozionale e immunologico saranno di portata ragguardevole. 

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ANSIA e CREATIVITA’

L’ansia e la paura rischiano di farci compagnia spesso in questo periodo.

Sperimentare la creatività in tutte le sue forme può aiutarci  a gestirle.

Se non sei mai stato in contatto con il tuo lato creativo o non lo sei da   molti anni, potresti chiederti come mai entrare in contatto con quella parte di te. L’arte terapia online può aiutarti a connetterti alla tua creatività. Inoltre, l’arte terapia online può aiutarti a trovare modi per districare le emozioni confuse e aprire i tuoi sentimenti in un modo gestibile, sicuro e duraturo.

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