Stress: un po’ di storia

Un punto di partenza nella ricerca sullo stress in ambito medico può essere individuato nei lavori di Hans Selye, un medico austriaco che, dalla metà degli anni Trenta del secolo scorso, iniziò a lavorare su questo tema presso l’Università di Montreal. Come riporta lo stesso Selye (1976) fu un esperimento condotto su alcuni topi alla ricerca di un nuovo ormone a indicare un’interessante linea di indagine. Indipendentemente dalla sostanza tossica iniettata, i topi mostravano tutti la stessa reazione: ispessimento della corteccia surrenale, riduzione del timo e ulcere sanguinanti nello stomaco e nell’intestino.

Selye conosceva i lavori del fisiologo Walter Cannon, che dagli anni Venti aveva lavorato sul concetto di omeostasi e sulla risposta d’allarme presso l’Università di Harvard. Dinnanzi ad un pericolo l’organismo ha una reazione di allarme che ha la funzione di preparare il soggetto ad una rapida azione offensiva o difensiva, fondamentale per la sopravvivenza. Cannon (1929) studiò e descrisse quella che è nota con il nome di flight or fight reaction: uno stato di sovraeccitazione innescato dall’attivazione del sistema nervoso autonomo in seguito alla rilevazione di un pericolo nell’ambiente esterno. Questa reazione di allarme è comune a uomini e animali e ha un forte valore evolutivo, poiché permette al soggetto di attivare una serie di risorse che possono risultare vitali in situazioni di pericolo.

Selye aveva studiato questo testo, ma riteneva che la fase di allarme non fosse sufficiente per rendere conto di un processo in realtà più articolato. Studiando i suoi topi in laboratorio il medico descrisse un ciclo che è noto come ‘sindrome generale di adattamento’ (Selye, 1974). La prima risposta ad un evento esterno stressante (che chiamò stressor) costituisce quella che propriamente si indica come ‘reazione di allarme’. Se lo stressor non è sufficientemente potente da risultare incompatibile con la sopravvivenza dell’organismo, ma al tempo stesso è prolungato, si innesca una seconda fase che si definisce di ‘resistenza’ e che, a livello di attivazione dell’organismo, coincide con risposte diverse e per alcuni versi opposte rispetto alla reazione di allarme. Tuttavia questa fase non può essere protratta a lungo: se lo stressor continua ad essere presente in modo intenso, si innesca la fase di esaurimento – le risorse a disposizione dell’organismo sono limitate e ad un certo punto si esauriscono (Selye, 1976).

La sindrome generale di adattamento negli esseri umani è un fenomeno di gran lunga più complesso di quello osservabile negli animali. Se nel regno animale la reazione di allarme è innescata dalla presenza di un predatore o da qualche minaccia concreta per la vita o per lo status nel gruppo del singolo, gli uomini tendono a reagire in questo modo anche se nessun pericolo reale è presente. Tra gli esseri umani, lo stress rappresenta una questione importante, che non si esaurisce in una reazione naturale ad un pericolo concreto: soprattutto nelle società occidentali moderne, questo utile strumento può diventare un modo di vivere dannoso, portando con sé difficoltà non indifferenti.

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