L’etimologia inglese è ageism (age-ism: “età” + suffisso greco “ismo”) coniato nel 1969 da un gerontologo statunitense, Robert Neil Butler, per indicare appunto la discrimination against seniors (it. discriminazione verso i più anziani).
L’ageismo è vietato. In Italia, La Costituzione, all’articolo 3 (principio di uguaglianza), vieta qualsiasi forma di “discriminazione basata sulle condizioni personali”, genus nel quale la dottrina costituzionale ha fatto rientrare la specie della “discriminazione basata sull’età”, di cui l’ageismo rappresenta una sottospecie.
Anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del dicembre 2000 vieta espressamente qualsiasi forma di “discriminazione basata sull’età”.
La discriminazione dell’anziano nelle cure sanitarie è un problema precedente al 1968, anno di creazione dell’inglesismo. Essa pone a rischio il diritto alla salute dell’anziano, specie di quello disabile.
L‘ageismo nei mass media è un problema più recente, ed è dovuto alla misura in cui la politica editoriale della televisione tende a promuove oltre misura il giovanilismo attraverso il mito dell’eterna giovinezza ed il desiderio di sentirsi giovani, a discapito della figura dell’anziano. Alcune forme di pubblicità esaltando il consumo di prodotti legati all’immagine della giovanilità del corpo, danno una veste caricaturale ai segni della vecchiaia e tendono a ridurre in forme caricaturali lo stesso valore della naturale anzianità.
L’ageismo si manifesta anche fuori dai canali istituzionali-sanitari e mediatici, riverberandosi nei rapporti e nelle relazioni sociali, dove esiste una chiara o più velata discriminazione nei confronti dell’anziano, che può essere motivato da ragioni economiche, sociali o commerciali. Addirittura in Giappone, dove gli anziani costituiscono poco meno del 25 % della popolazione, gli anziani vengono spesso discriminati come madao, ossia “vecchio completamente inutile”.
In Emilia Romagna
Dal ‘Rapporto sociale anziani’ elaborato dalla Regione Emilia Romagna e presentato nel corso del convegno emerge che gli over 65enni residenti in Emilia-Romagna all’1 gennaio 2019 superano il milione e rappresentano quindi il 23,9% della popolazione, percentuale che potrebbe salire al 30% nei prossimi 15 anni; di questi, oltre 360mila – i cosiddetti grandi anziani– hanno più di ottant’anni
A questa platea di cittadini si rivolge il Piano d’azione regionale per la popolazione anziana, che mette insieme programmi e interventi specifici a cui lavorano, oltre alle istituzioni, le organizzazioni sindacali e del terzo settore. Avviato nel 2004, è stato concepito come uno strumento d’approccio intersettoriale, per pianificare le politiche pubbliche e del privato sociale a favore della terza età.
Esaminando i dati contenuti nel ‘Rapporto sociale’ sul milione di anziani residenti in regione le province con la maggior incidenza sono Ferrara (27,9%), Ravenna (25,3%), Piacenza (24,8%), Bologna (24,4%) e Forli-Cesena (24,3), seguono Parma (23,2%), Rimini (22,8%), Modena (22,7%) e Reggio Emilia (21,5%), la più giovane. Prevale la componente femminile, che rappresenta il 56,6% dei residenti over 65enni e il 62,3% dei grandi anziani; la presenza di persone anziane nelle famiglie è di oltre una su tre (38%) e più di una famiglia su quattro (26%) è composta interamente da anziani.